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  Félix Peña

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  Rivisti Eurasia (di studi Geopolitici) | 30 Giugno 2009
I tre piani del sistema di commercio mondiale: un'interazione inevitabile, complessa e dinamica

di Félix Peña

Direttore dell’Istituto di Commercio Internazionale della Fondazione Standard Bank, del Modulo Jean Monnet e del Nucleo Interdisciplinario di Studi Internazionali dell’Università Nazionale Tres de Febrero (UNTREF). Membro del Comitato Esecutivo del Consiglio Argentino per i Rapporti Internazionali (CARI). Membro del Brains Trust dell’Evian Group.

Traduzione dallo spagnolo di V. Paglione


 

Sintesi:

L’interazione tra i tre piani del sistema di commercio mondiale (quello nazionale, quello regionale e commerciale preferenziale e quello globale multilaterale), è rilevante tanto per la formulazione e l’applicazione di politiche pubbliche a livello di ciascun paese, quanto per il tracciato e l’esecuzione di strategie imprenditoriali, specialmente per quelle aziende esposte alla concorrenza internazionale.

È anche considerevole, nel piano globale multilaterale, per l’efficacia del sistema dell’OMC e i negoziati con il Round di Doha.

La tensione dialettica tra i suddetti tre piani, in questo momento rappresenta una delle questioni centrali dell’agenda del sistema di commercio mondiale e, in particolare, quella dell’OMC. L’idea che uno di essi prevalga – ad esempio, il globale multilaterale – sugli altri si può adattare a visioni teoriche e ideologiche. Nella realtà non accade così ed è difficile che avvenga in questa maniera senza un’effettiva centralizzazione del potere mondiale, qualcosa di ancora più improbabile che possa avvenire, almeno per quello che si può prevedere al giorno d'oggi.

È più realista cercare di sviluppare criteri, approcci e meccanismi che consentano per lo meno di preservare un ragionevole equilibrio tra i piani, quelli che probabilmente per molto tempo saranno segnati dall’instabilità. Ed è un equilibrio instabile che richiederà, per conservarlo, di operare simultaneamente su ciascuno di essi e sulle loro interazioni.

È possibile prevedere che le nuove realtà stimoleranno a tutti i protagonisti – governi e aziende – per il loro interesse a cercare istituzioni e regole del gioco che assicurino a loro volta flessibilità e prevedibilità. Da esse ci si aspetterà che consentano di sviluppare strategie adatte a un mondo che esibirà, ogni volta di più, un quadro dalle molteplici opzioni nell’inserimento internazionale dei paesi e delle aziende.


L’ambito regolatore del sistema del commercio mondiale è la risultante di principi (che a volte riflettono differenze culturali e anche ideologiche), istituzioni (specialmente, come ambiti di negoziati, produzione di regole del gioco, discipline collettive e soluzione di controversie) e regole (tanto formali quanto informali, includendo i sottintesi), che si generano nei tre piani che interagiscono tra di loro.
Come è noto, questi sono il piano nazionale, il regionale (includendo quello commerciale preferenziale) e il globale multilaterale. Tra di loro si stabilisce una tensione dialettica, che è inevitabile (sempre che un paese scelga la chiusura totale con il contesto che lo circonda), molto dinamica (cambia costantemente la sua portata e intensità) e relativamente complessa da amministrare (data la grandezza e la diversità che hanno raggiunto gli scambi internazionali di beni e servizi, così come il loro finanziamento).

L’interazione tra i tre piani è rilevante tanto per la formulazione e l’applicazione di politiche pubbliche a livello di ciascun paese, come per il tracciato e l’esecuzione di strategie imprenditoriali, specialmente nel caso di ditte in qualche forma esposte alla concorrenza internazionale.

È anche apprezzabile per l’efficacia, sul piano globale multilaterale, del sistema istituzionalizzato nell’OMC e per i negoziati che si sviluppano nel suo ambito, specificamente nel Round di Doha. Il dibattito sulle nuove tendenze e le modalità protezioniste l’hanno reso evidente (si veda al riguardo la presente Newsletter dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2009).

Inoltre, bisogna avere presente che, nella misura in cui le regole (siano queste nazionali, preferenziali o globali) s’introducono nella realtà, vale a dire che siano efficaci, potranno avere un’incidenza nell’incanalamento dei flussi di beni e di servizi, di capitali e tecnologie, attraverso dei paesi e delle loro giurisdizioni. Possono persino impedirli. Per tale motivo sono uno dei fattori principali da prendere in considerazione al momento dell’adozione di decisioni razionali d’investimento e di penetrare il denso tessuto di reti imprenditoriali transnazionali di produzione e somministrazione che oggi caratterizzano i rapporti commerciali internazionali.

Per quanto concerne le regole globali multilaterali (nello specifico, quelle regionali e quelle commerciali preferenziali), la loro funzione è, per di più, quella di contribuire all’incremento dello scambio commerciale mondiale, lo sviluppo economico dei paesi e la produzione di profitti mutui tra i diversi protagonisti. Sono obiettivi che nella realtà non sempre si raggiungono, se non nella misura delle aspettative che si generano. Al contrario, attraverso la storia si osservano alternanze di cicli di espansione e di ritrazione della globalizzazione dei mercati e, in particolare, articolate disparità nella distribuzione dei benefici del commercio mondiale, così come all’interno dei diversi paesi.

Principi, istituzioni e regole sono l’esito di un lungo processo di accumulazione di esperienze, spesso negative, attraverso i secoli. È un processo che in un primo momento inizia in camera lenta e, poi, nelle ultime decadi in forma accelerata. Ciò nondimeno, i collegamenti tra i diversi mercati nazionali e le loro rispettive capacità di produrre e consumare beni, di offrire e utilizzare servizi, tanto all’interno come tra i molteplici spazi geografici regionali si sono sempre sviluppati con progressi e arretramenti. È un collegamento economico e politico che in questo momento possiede una portata universale, ma che continua a presentare marcate disparità nella sua distribuzione geografica.

Il risultato di un simile processo è quello di un sistema di commercio mondiale sempre più intenso nelle sue interazioni, con differenziazioni nelle sue manifestazioni regionali e, inoltre, più decentrato, nel senso che tende a diluirsi la concentrazione di potere relativo in pochi centri dominanti.

Qualsiasi esercizio intellettuale volto a comprendere l’ambito regolatore del sistema di commercio mondiale richiede che si cominci dal riconoscimento di un primo piano di azione, quello nazionale, poiché effetto di politiche e preferenze di protagonisti statali sovrani. Vale a dire, di quelli che attraverso il tempo si sono conformati come Stati nazionali. Un dato della realtà odierna è che sono sempre più numerosi e che fra loro la distribuzione del potere seguita a essere disuguale e forse rimarrà immutata. Disuguaglianza che proviene, tra altri fattori, da diverse dimensioni (territorio e popolazione); ubicazione geografica; gradi di sviluppo economico e sociale; dotazione di risorse produttive; abilità nello sviluppo e miglioramento tecnico.

Questi fattori condizionano la possibilità, persino la vocazione, di esercitare il potere che può avere ciascun protagonista sugli altri. Inoltre, questi fattori sono quelli che generano differenze nella capacità effettiva che possa avere ciascun paese al momento di influenzare la definizione delle regole del gioco del commercio mondiale.

Sono fattori esposti a una forte dinamica di cambiamento. È per questo motivo che il potere relativo delle nazioni negli scenari geografici regionali e in quello generale è stato soggetto, attraverso il tempo, a continui mutamenti. Le attuali e profonde trasformazioni del potere mondiale e la sua distribuzione in un sempre più numeroso gruppo di paesi sono, in questo senso, lo sfondo rilevante della crisi globale che oggi si manifesta con forti ripercussioni nel commercio internazionale e con uno sviluppo ancora incerto.

Le regole nazionali sono quelle che subiscono un impatto diretto nelle condizioni e nei costi di accesso nei rispettivi mercati. Sono la conseguenza di politiche e sistemi regolatori che rispecchiano i concreti interessi dei loro rispettivi attori sociali, così come preferenze culturali e concezioni ideologiche predominanti in una determinata nazione. Principalmente sono l’effetto della percezione del potere che possiede o ritiene possedere una nazione e, per tanto, nella sua capacità d’incidere nel conseguimento e nelle condizioni dei rapporti con gli altri protagonisti statali e dei loro rispettivi mercati.

È dunque da questi rispettivi spazi nazionali che i paesi hanno gradualmente costruito le regole del gioco. Successivamente, le istituzioni internazionali che adesso formano parte essenziale del sistema di commercio mondiale. È stata una strutturazione che, attraverso la storia, ha avuto per molto tempo espressioni tramite accordi bilaterali o plurilaterali, ma sempre con una portata parziale in termini di paesi coinvolti. Generarono diversi meccanismi che avrebbero dovuto aprire i mercati o, almeno, evitare la discriminazione tra i paesi implicati riguardo alle condizioni prevalenti per i loro rispettivi accessi. Da ciò che una delle prime regole del gioco concordate a livello transnazionale è stata quella della clausola della nazione più favorita, nelle sue diverse modalità.

L’intensificazione del collegamento tra i principali mercati che si è osservato negli ultimi duecento anni, così come gli effetti devastanti delle esperienze protezioniste che seguirono la grande crisi degli anni trenta del secolo scorso condussero, alla fine – dopo l’ultima grande guerra mondiale -, al crescente sviluppo e interazione tra gli altri piani che, insieme con quelli nazionali, plasmano in questo momento il sistema del commercio mondiale.

Uno di quei piani è, precisamente, quello globale multilaterale istituzionalizzato nel sistema GATT-OMC con i suoi ormai sessant’anni di evoluzione. Com’è già noto, il principio di non discriminazione è uno degli assi centrali, espresso nel trattamento di maggiore favore convenuto nell’articolo I del GATT. Insieme al consolidamento di ciò che ciascun paese concede agli altri, conferiscono al sistema – almeno sul piano normativo – la prospettiva di un relativo potenziale di stabilità e una portata sicuramente rilevante contro la discriminazione e il protezionismo. Con lo sviluppo mostrato dopo il Round di Uruguay, quello del meccanismo di risoluzione delle controversie nell’ambito dell’OMC, questo sistema globale multilaterale rafforzò la sua tendenza di essere sottoposto alla guida di regole, aumentando in questo modo il valore politico ed economico e il suo carattere di bene pubblico internazionale.

L’altro piano è quello concernente i diversi ambiti commerciali preferenziali, conseguenza sia delle strategie di governabilità regionale (come sono, tra le altre manifestazioni importanti, i casi dell’attuale Unione Europea e del Mercosur), sia delle strategie di proiezione internazionale degli interessi commerciali di paesi e di gruppi di paesi (come lo sono i molteplici accordi preferenziali, bilaterali e plurilaterali), che si presuppone, sono sviluppati nell’ambito delle proprie regole del GATT e poi del GATS.

La proliferazione di questi accordi di portata parziale – vale a dire, che non comprendono tutti i membri dell’OMC – si è intensificato in questi ultimi anni. Ha dato luogo a diversi tipi di accordi preferenziali. Alcuni di essi sono, in senso stretto, i cosiddetti accordi regionali, con un chiaro obiettivo di contribuire alla governabilità del rispettivo spazio geografico regionale. Altri, invece, si sono concretati tra paesi addirittura molto distanti tra loro. Sono gli accordi commerciali preferenziali, qualsivoglia sia la loro modalità e la loro denominazione.
In tutti essi si osservano due tratti comuni. Rispondono a obiettivi politici, espliciti e impliciti, e sono discriminatori in rapporto al principio centrale del trattamento di maggiore favore istituzionalizzato nel GATT-OMC. Contengono, inoltre, e in forma sempre più crescente, elementi non preferenziali, vale a dire, che non costituiscono eccezioni al già menzionato principio di non discriminazione.

Costituisce una proliferazione che perfino può aumentare se non si completa il Round di Doha e, inoltre, se non s’introducono alcune riforme al sistema globale multilaterale.

La tensione dialettica tra i summenzionati tre piani, rappresenta oggi una delle questioni centrali nell’agenda del sistema di commercio mondiale e, in particolare, del sistema GATT-OMC. L’idea che uno di essi prevalga – ad esempio, il globale multilaterale – sugli altri si adatta a visioni teoriche e ideologiche. Nella realtà non accade così ed è difficile che ciò succeda senza un’effettiva centralizzazione del potere mondiale, qualcosa che è molto improbabile che accada, almeno per quello che si può prevedere attualmente.

Nella pratica e forse per molto tempo ancora, il piano nazionale continuerà a essere quello fondamentale. È all’interno del proprio ambito che ciascun paese – qualunque sia il loro potere relativo – potrà eventualmente adoperarsi a inserire gli altri due piani nella prospettiva dei propri interessi, delle proprie strategie e delle proprie possibilità.

Da ciò ne deriva che nella misura in cui un determinato paese sia privo di una corretta definizione dei suoi interessi e di una strategia efficace per potenziarli, mettendo dalla propria parte ciò che può trarre fuori dagli altri due piani, avrà minori possibilità di ottenere ciò di cui necessita nella sua interazione commerciale con il resto degli altri paesi. Lo stesso accadrà se un paese possiede una valutazione erronea delle sue possibilità di azione, in particolare, come conseguenza di una diagnosi sbagliata del valore reale dei suoi contributi nei confronti degli altri paesi e per i loro rispettivi mercati.

Ma è anche negli altri due piani, dove si renderà indispensabile generare in futuro, istituzioni, metodi di lavoro e regole del gioco che consentano, nel possibile, integrarli e anche, nel possibile, neutralizzare gli effetti delle loro eventuali incompatibilità.

Diversi autori hanno svolto, specialmente negli ultimi tempi, dei contributi utili per coloro che cercano di capire e di spiegare la tensione dialettica tra i suddetti tre piani che conformano il sistema di commercio mondiale. Questi contributi sono, in particolare, per coloro che devono operare nelle realtà globali da una prospettiva nazionale, tanto nella formulazione di politiche pubbliche, quanto nello sviluppo di visioni e di strategie negoziatrici. Ma lo sono anche, per quanto concerne le ditte che cercano un inserimento competitivo dei loro beni e servizi nei mercati globali e regionali, specialmente operando nella vasta gamma delle reti produttive e commerciali transnazionali.

Tra gli altri, tre nuovi libri meritano distinguersi per via dei loro preziosi sviluppi e apporti. Il primo è di Richard Baldwin e Patrick Low (eds) (si legga il riferimento nella sezione Letture consigliate di questa Newsletter). L’altro è quello di Simon Lester e Bryan Mercurio (eds), (Bilateral and Regional Trade Agreements. Commentary and Analisis, Cambridge University Press, Cambridge, 2009). E il terzo, è quello di Tatiana Lacerda Prazeres, che annovera una consistente prefazione del professor Celso Lafer (L’OMC e i Blocchi Regionali, Aduaneiras, São Paulo, 2008).

I suoi sviluppi e contributi sono specialmente rilevanti dal punto di vista di ogni tentativo volto a capire e a meglio amministrare l’interazione esistente tra i tre piani summenzionati. Si richiede, a tal fine, un approccio interdisciplinare che combini le logiche del potere, del benessere e della legalità. Senza una tale combinazione è difficile aspirare a decifrare la realtà, come ben sa chiunque abbia avuto forma di operare nei rapporti commerciali internazionali.

Proprio così, uno dei principali contributi del libro di Tatiana Lacerda Prazeres è un’analisi di quello che si suole presentare come una dicotomia escludente tra il multilateralismo globale dell’OMC e il regionalismo preferenziale, da alcuni visto come un rapporto di complementarietà e da altri, di antagonismo. Considera, a ragione, che il rapporto è di complementarietà e di antagonismo. La stessa cosa può dirsi se in tale relazione s’include il piano di ciò che è nazionale.

La cosa più importante al riguardo è di identificare i diversi fattori che più possono incidere, in forma positiva e negativa, nel predominio sia della complementarietà, sia dell’antagonismo, allo scopo di riuscire, nella pratica, il ragionevole equilibrio tra un effetto e l’altro. Questa costituisce la parte più importante del contributo dell’autrice citata.

A ragione l’autrice identifica il fattore tempo come fondamentale per spiegare la tendenza a ricorrere agli accordi commerciali preferenziali – specialmente quando questi non sono vincolati a strategie di governabilità degli spazi geografici regionali -. In questo senso, si è osservato nel caso del Round di Doha il fatto che nel piano globale multilaterale le principali spese, in particolare quelle politiche interne, accadono nel breve termine, in tanto che i benefici sono soliti presentarsi nel medio e lungo termine; in pratica, ciò ha spinto a un notevole numero di paesi – e alle loro ditte – a cercare di avanzare mediante accordi di portata parziale conformando, a volte, reti commerciali preferenziali intorno a un paese determinato.

L’autrice colpisce nel segno quando segnala che i regimi commerciali sono solo uno dei vettori che determinano la dinamica del commercio internazionale. Tra i principali ne identifica la transizione dalla società industriale a quella della conoscenza; allo sviluppo tecnologico negli ambiti del trasporto, delle comunicazioni e quello logistico; al commercio intra e inter-firma; all’intensificazione della globalizzazione dei mercati finanziari e alla proliferazione e rinvigorimento delle catene produttive transnazionali.

Nella ricerca di un ragionevole equilibrio consideriamo fondamentale operare simultaneamente su i tre piani che conformano il sistema di commercio mondiale. In ogni caso, sarà un equilibrio instabile, esposto agli effetti della dinamica di cambio di competenza economica globale e dal proprio sistema politico internazionale. Le incertezze esistenti sul futuro – accentuate nell’attualità – consentono precisamente anticipare la costante instabilità degli equilibri che si raggiungono. La capacità di continuo adattamento verso le nuove realtà sarà, quindi, uno dei tratti che si richiederanno alle regole del gioco e alle istituzioni del sistema di commercio mondiale.

Su scala nazionale, la cosa fondamentale sarà quella di riuscire a mantenere nei principali protagonisti il sostentamento di una visione favorevole alla cooperazione internazionale, principalmente conseguenza dell’interesse dei governi ad assicurare il predominio della pace e della stabilità politica, tanto su scala globale quanto nelle loro rispettive regioni geografiche.

Questo interesse sarà rafforzato da quello delle aziende – sempre più numerose e derivanti anche dalle economie emergenti – che operano in molteplici mercati. Esse solleciteranno ai governi lo sviluppo e la difesa delle condizioni che consentano loro di assicurare la fluidità delle loro catene di distribuzione, cogliendo i vantaggi che in questo momento gli si presentano in tutto il mondo. Al tempo stesso esse necessitano importare ed esportare, da e verso molteplici mercati. Da ciò deriva che l’internazionalizzazione della capacità di produrre beni e di offrire servizi si è trasformata in un fattore centrale a favore dell’articolazione che si stabilisce tra i tre piani del sistema di commercio mondiale.

Nei piani regionale e commerciale preferenziale – in quelli che non esistono modelli unici su come affrontare i rispettivi accordi – e globale multilaterale, la nuova realtà della distribuzione del potere mondiale con il suo impatto nella concorrenza economica internazionale, così come la conseguenza delle diverse modalità dell’integrazione produttiva su scala transnazionale, saranno fonti di domanda di adattamenti creativi, tanto negli approcci e nelle regole particolari degli accordi di portata parziale, come in quelli più generali del sistema GATT-OMC. In entrambi i piani si osserva un’accelerazione dell’obsolescenza delle regole del gioco, meccanismi, metodi di lavoro e istituzioni, provenienti da cicli superati della realtà internazionale.

È possibile prevedere che le nuove realtà stimoleranno tutti i protagonisti – governi e ditte – nel cercare, per il loro interesse, istituzioni e regole del gioco che assicurino nello stesso tempo flessibilità e prevedibilità. Da queste ci si aspetterà che rendano possibile lo sviluppo di strategie adatte a un mondo che presenterà, sempre di più, un quadro dalle molteplici scelte per quanto concerne l’inserimento internazionale dei paesi e delle aziende.

Ciò implicherà il riesame della normativa dell’OMC, specialmente quella concernente l’articolo XXIV del GATT e quella della Clausola di Abilitazione. Anche queste sono regole sorte da contesti internazionali ormai superati dalle nuove realtà. La trasparenza dei rispettivi accordi sarà, in futuro, un fattore essenziale per costruire la reciproca fiducia tra i diversi attori della concorrenza economica globale.

Inoltre, c’è da fare notare che la recente tendenza verso le nuove modalità di protezionismo, sebbene diverse nella loro portata a quella della crisi degli anni trenta, sia un segnale d’allarme per chi vuole valutare la conservazione di un sistema di commercio mondiale funzionale alla governabilità globale. Sono modalità che evidenziano un rischio d’indebolimento degli effetti di sicurezza contro il protezionismo e la discriminazione che è costato molto sviluppare nelle ultime decadi. La proliferazione indisciplinata di accordi commerciali preferenziali può, in questo senso, contribuire a questo tipo d’indebolimento, se si produce nel quadro di un sistema GATT-OMC che perda efficacia e legittimità. Il problema non sarebbe, in simile caso, la proliferazione, ma sì l’insufficienza delle necessarie discipline collettive nelle quali tale tendenza s’inserisce.

È un allarme che deve portare non solo a concludere l’attuale Round di Doha ma, in particolare, a rivedere molte delle regole e istituzioni che consentano preservare e accrescere il collegamento tra i molteplici mercati, proteggendo il principio di non discriminazione, come una condizione necessaria anche se non sufficiente, per validi obiettivi di progresso e di sviluppo economico in tutti i paesi.

Secondo il nostro parere, questo riesame dovrà occupare un posto prioritario nell’agenda dell’OMC durante un periodo di quattro anni a cominciare dal nuovo mandato del competente Direttore Generale, Pascal Lamy, recentemente avviato (si veda al riguardo la presentazione da egli fatta nel Consiglio Generale dell’OMC, il 29 aprile 2009, in: http://www.wto.org/)


Recommended Readings of Recent Publication:

  • Baldwin, Richard; Low, Patrick (editors), “Multilateralizing Regionalism. Challenges for the Global Trading System”, World Trade Organization – Graduate Institute for International and Development Studies, Cambridge University Press, Cambridge 2009.
  • CARI, “El Nuevo Corredor Bioceánico”, Informe Final del Seminario sobre “El Nuevo Corredor Bioceánico, Consejo Argentino para las Relaciones Internacionales, 24 novembre 2008.
  • CEPAL, “La reacción de los gobiernos de las Américas frente a la crisis internacional: una presentación sintética de las medidas de políticas anunciadas hasta el 31 de marzo de 2009”, (LC/L.3025), Comisión Económica para América Latina, Santiago, Marzo 2009, in: http://www.eclac.org/publicaciones/xml/8/35768/2009-192-LareacciondelosgobiernosdelasAmericas-pos31marzo2009.pdf.
  • CUTS International, “Multilateralism will reinvent itself in a more resolute avatar”, A Report of the Proceedings of CUTS-FICCI Conference on “Global Partnership for Development: Where do we stand and where to go?” New Delhi, August 12-13, 2008, CUTS International, Jaipur 2008, in: http://www.cuts-international.org.
  • Dadush, Uri, “Resurgent Protectionism: Risks and Possible Remedies”, Carnegie Endowment for International Peace – Policy Outlook, March 2009, in: http://www.carnegieendowment.org/files/Resurgent_Protectionism.pdf.
  • ESCAP, “Navigating Out of the Crisis: A Trade-led Recovery. A practical guide for trade policymakers in Asia and the Pacific”, (ST/ESCAP/2538), United Nations Economic and Social Commission for Asia and the Pacific, Bangkok 2009 in http://www.unescap.org/publications/detail.asp?id=1326.
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  • World Trade Organization, “Trade Policy Review – Report by the Secretariat – European Communities”, WTO, Trade Policy Review Body, WT/TPR/S/214, Geneva, 2 March 2009, in: http://www.wto.org.

Félix Peña Director of the Institute of International Trade at the ICBC Foundation. Director of the Masters Degree in International Trade Relations at Tres de Febrero National University (UNTREF). Member of the Executive Committee of the Argentine Council for International Relations (CARI). Member of the Evian Group Brains Trust. More information.

http://www.felixpena.com.ar | info@felixpena.com.ar


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